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Storia dell’assedio di Lisbona: trama e anteprima del libro

La trama di Storia dell'assedio di Lisbona, le recensioni dei lettori e le prime pagine

28 marzo 2018 by LibriStaff

Storia dell'assedio di Lisbona: trama del libroCorredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Storia dell’assedio di Lisbona di José Saramago. Il romanzo è pubblicato in Italia da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 10,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)

Storia dell’assedio di Lisbona: trama del libro

Il correttore di bozze Raimundo Silva si trova a revisionare la “Storia dell’assedio di Lisbona” del 1147, un libro che ricostruisce il tentativo del re Alfonso Henriques di riconquistare i territori portoghesi sottratti dai mori più di trecento anni prima, per dar vita così al futuro regno del Portogallo. Durante l’assedio passano da Lisbona i crociati, provenienti dal Nord e diretti in Terrasanta. Re Alfonso chiede loro aiuto nella conquista della città. Raimundo Silva, cedendo a un improvviso quanto inspiegabile impulso, aggiunge un “non” al testo originale. I crociati “non” aiuteranno i portoghesi; mutando così di segno la storia ufficiale del Portogallo con un semplice tratto di penna. Convocato dalla direzione, Raimundo si trova di fronte non solo il direttore editoriale ma anche una funzionaria mai vista prima, la dottoressa Maria Sara, colpita e affascinata dal suo gesto temerario. Anziché licenziarlo, lei lo incoraggia a scrivere una sua “Storia dell’assedio”, sfidandolo di fatto a tenere fede al “non” da lui aggiunto con tanta audacia. Dopo un primo momento di comprensibile smarrimento, il revisore accetta la sfida…

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Incipit del libro
Ha detto il revisore, Sì, il nome di questo segno è deleatur, lo usiamo quando abbiamo bisogno di sopprimere e cancellare, la parola stessa lo dice, e vale sia per lettere singole che per parole intere, Mi ricorda un serpente che si fosse pentito al momento di mordersi la coda, Ben detto, dottore, davvero, per quanto siamo aggrappati alla vita, perfino una serpe esiterebbe dinanzi all’eternità, Mi faccia il disegno, ma lentamente, È facilissimo, basta prendere il verso, guardando distrattamente si pensa che la mano stia tracciando il terribile cerchio, invece no, noti che non ho chiuso il movimento qui dove l’avevo cominciato, ci sono passato accanto, all’interno, e adesso proseguirò verso il basso fino a tagliare la parte inferiore della curva, in fondo sembra proprio la lettera Q maiuscola, niente di più, Che peccato, un disegno che prometteva tanto, Accontentiamoci con l’illusione della somiglianza, ma in verità le dico, dottore, se posso esprimermi in stile profetico, che l’interessante della vita è sempre stato proprio nelle differenze, Che cosa c’entra questo con la revisione tipografica, Gli autori vivono nelle loro epoche, non sprecano quel prezioso sapere in cose insulse e insignificanti, lettere ferite, scambiate, invertite, ché li classifica¬vamo così i difetti al tempo della composizione manuale, differenza e difetto, allora, erano tutt’uno, Confesso che i miei deleatur sono meno rigorosi, uno sca¬rabocchio va bene per tutto, mi affido alla sagacia dei tipografi, questa tribù collaterale dell’edipica e celebrata famiglia dei farmacisti, capaci di decifrare perfino quello che non è stato neppure scritto, E poi ci pensino i revisori a risolvere i problemi, Siete i nostri angeli custodi, a voi ci affidiamo, lei, per esempio, mi fa venire in mente la mia mamma premurosa, che mi faceva e rifaceva la riga dei capelli finché sembrava tracciata con la squadra, Grazie per il paragone, ma se sua madre ormai è morta, varrebbe la pena che lei si perfezionasse per conto suo, arriva sempre il giorno in cui c’è bisogno di correggere più profondamente, Quanto a correggere, io correggo, ma le peggiori difficoltà le risolvo in maniera disinvolta, scrivendo una parola sull’altra, L’ho notato, Non lo dica con questo tono, entro il lecito faccio quello che posso, e chi riesce a fare quel che può, Ad altro non sarà obbligato, sissignore, soprattutto, come nel suo caso, quando manca il gusto della modifica, il piacere del cambiamento, il senso dell’emenda, Gli autori emendano sempre, siamo gli eterni insoddisfatti, Né possono fare altro, ché la perfezione ha dimora esclusiva nel regno dei cieli, ma l’emendare degli autori è diverso, problematico, molto differente dal nostro, Intende forse dire che alla setta dei revisori piace ciò che fa, A tanto non oso arrivare, dipende dalla vocazione, il revisore per vocazione è un fenomeno sconosciuto, eppure quello che sembra dimostrato è che, nel più segreto dei nostri animi segreti, noi, i revisori, siamo voluttuosi, Questa non l’avevo mai sentita, Ogni giorno porta con sé la sua gioia e il suo dolore, e anche la sua lezione fruttuosa, È per esperienza che parla, Si riferisce alla lezione, Mi riferisco alla voluttà, Chiaro che parlo per esperienza personale, un po’ dovrei avercene, che cosa crede, ma insieme ho tratto beneficio dall’osservazione dei comportamenti altrui, che è una scienza morale non meno edificante, Certi autori del passato, se li giudichiamo con questo suo criterio, sarebbero esseri speciali, revisori stupendi, sto pensando alle bozze riviste da Balzac, uno splendore pirotecnico di correzioni e indicazioni, Lo stesso faceva il nostro Eça domestico,1 perché non resti senza citazione un esempio patrio, Adesso sto pensando che sia Eça sia Balzac si sentirebbero i più felici degli uomini, nei tempi odierni, davanti a un computer, intercalando, trasponendo, ripassando righe, scambiando capitoli, E noi, lettori, non sapremmo mai quali strade hanno percorso e dove si sono perduti prima di raggiungere la forma definitiva, ammesso che esista, Via, via, quello che conta è il risultato, non serve a niente conoscere i tentennamenti e le esitazioni di Camões2 e di Dante, Lei, dottore, è un uomo pratico, moderno, sta già vivendo nel ventiduesimo secolo, E mi dica, gli altri segni, anch’essi hanno nomi latini, come quel deleatur, Se ce li hanno, o li hanno avuti, non lo so, non sono esperto, forse erano così difficili da pronunciare che si sono perduti, Nella notte dei tempi, Mi scuserà se la contraddico, ma io non userei questa frase, Immagino perché è un luogo comune, Nient’affatto, i luoghi comuni, le frasi fatte, le locuzioni trite, i preamboli obsoleti, le frasi da almanacco, i detti e i proverbi, tutto può apparire come una novità, è solo questione di saper maneggiare adeguatamente le parole che vi siano prima e dopo, Allora perché lei non direbbe notte dei tempi, Perché i tempi hanno smesso di essere notte di se stessi da quando gli uomini hanno cominciato a scrivere, o a emendare, lo ripeto, che è un’opera di un’altra raffinatezza e un’altra trasfigurazione, Mi piace questa frase, Anche a me, soprattutto perché è la prima volta che la pronuncio, la seconda sarà meno divertente, Sarà diventata un luogo comune, O un topos, che è un vocabolo erudito, Nelle sue parole mi sembra di avvertire una certa amarezza scettica, Io la vedo più come uno scetticismo amaro, Una cosa vale l’altra, Ma non dice la stessa cosa, gli autori hanno di solito un buon orecchio per queste differenze, Forse mi si stanno indurendo i timpani, Scusi, non l’ho fatto apposta, Non sono suscettibile, avanti, mi dica piuttosto perché si sente così amaro, o scettico, come preferisce, Consideri, dottore, la vita quotidiana dei revisori, pensi alla loro tragedia di dover leggere una, due, tre, o quattro, o cinque volte, libri che, Probabilmente neanche una sola volta lo meriterebbero, Si prenda nota che non sono stato io a pronunciare parole così pesanti, conosco molto bene il mio posto nella società delle lettere, voluttuoso sì, lo confesso, ma rispettoso, Non vedo che cosa ci sia di tremendo, del resto mi sembrava la conclusione ovvia della sua frase, quell’eloquente sospensione, nonostante non se ne vedano i puntini, Se vuole saperlo, vada dagli autori, li provochi con un po’ di ciò che ho detto io e un po’ di ciò che ha detto lei, e vedrà come le rispondono con quel famoso apologo di Apelle e del calzolaio, quando l’artigiano indicò l’errore nel sandalo di una figura e poi, dopo aver verificato che l’artista aveva emendato la svista, si azzardò a sdottorare sull’anatomia del ginocchio, Fu allora che Apelle, furioso con l’impertinente, gli disse, Non salga il calzolaio al di sopra del sandalo, una frase storica, A nessuno piace che guardino al di là del muro del proprio giardino, In questo caso Apelle aveva ragione, Forse, ma solo finché non fosse andato a esaminare il dipinto un sapiente anatomista, Lei è irrimediabilmente scettico, Tutti gli autori sono Apelle, ma la tentazione del calzolaio è la più comune fra gli esseri umani, comunque, soltanto il revisore ha imparato che il lavoro di emendare è l’unico che non si concluderà mai nel mondo, Lei ha sentito molte tentazioni da calzolaio nella revisione del mio libro, L’età ci porta una cosa buona che è una cosa cattiva, ci calma, e le tentazioni, anche quando sono imperiose, diventano meno pressanti, In altre parole, vede il difetto del sandalo ma se ne sta zitto, No, quello che lascio passare io è l’errore del ginocchio, Le pia¬ce il libro, Sì, Lo dice con pochissimo entusiasmo, Neanche nella sua domanda l’ho notato, Questione di tattica, l’autore, anche se gli costa assai, deve mostrare una certa aria di modestia, Il revisore dovrà sempre essere modesto, e se gli è capitato un giorno di essere immodesto, con ciò è stato costretto a essere, come figura umana, la massima perfezione, Non ha riveduto la frase, tre volte la parola essere in un solo periodo, è imperdonabile, ne concorda, Lasci perdere il sandalo, a parole si scusa tutto, Infatti, ma non le perdono l’avarizia di opinioni, Le ricordo che i revisori sono persone sobrie, hanno già visto tanto di letteratura e di vita, Il mio libro, le ricordo io, è di storia, Infatti così lo definirebbero secondo la classificazione tradizionale dei generi, però, non essendo mia intenzione indicare altre contraddizioni, secondo la mia modesta opinione, dottore, tutto quello che non è vita è letteratura, Anche la storia, Soprattutto la storia, senza offesa per nessuno, E la pittura, e la musica, La musica continua a resistere da quando è nata, ora va, ora viene, vuole liberarsi della parola, immagino per invidia, ma ritorna sempre all’obbedienza, E la pittura, Orbene, la pittura non è altro che letteratura fatta coi pennelli, Spero non si dimentichi che l’umanità ha cominciato a dipingere molto prima di saper scrivere, Conosce quel detto, se non hai il cane, caccia con il gatto, in altre parole, chi non sa scrivere dipinge, o disegna, è quello che fanno i bambini, Quello che lei vuole dire, in altre parole, è che la letteratura esisteva già prima che nascesse, Sissignore, come l’uomo, in altre parole, prima di esserlo già lo era, Mi sembra un punto di vista piuttosto originale, Non lo creda, dottore, il re Salomone, vissuto tanto tempo fa, già allora affermava che non c’era niente di nuovo sotto il sole, e quindi, se in quelle epoche remote lo riconoscevano così, che cosa non diremmo oggi, dopo trenta secoli, se non mi tradisce la memoria enciclopedica, È curioso, ma io, che per giunta sono storico, non avrei pensato, se interrogato d’improvviso, che fosse stato così tanti anni fa, È proprio questo che ha il tempo, passa e non ce ne accorgiamo, uno se ne sta lì a pensare al giorno dopo giorno, poi improvvisamente si ravvede ed esclama, Mio Dio come passa il tempo, era ancora vivo re Salomone e sono già passati tremila anni, A me sembra che lei abbia sbagliato vocazione, avrebbe dovuto essere filosofo, o storico, ha il piglio e l’aspetto che tali arti richiedono, Mi manca la preparazione, dottore, che cosa può fare un semplice uomo senza la preparazione, è già fortunato se è venuto al mondo con la genetica a posto, ma per così dire allo stato bruto, e poi nessun’altra educazione se non i primi rudimenti, che sono rimasti gli unici, Potrebbe presentarsi come autodidatta, prodotto del proprio e dignitoso sforzo, non c’è niente da vergognarsi, anticamente la società era orgogliosa dei suoi autodidatti, Questo è finito, adesso è arrivato il progresso ed è finito, gli autodidatti sono malvisti, solo quelli che scrivono versi e storie divertenti sono autorizzati a essere e a continuare a essere autodidatti, fortuna loro, ma io, lo confesso, per la creazione letteraria non ho mai avuto propensione, Allora faccia il filosofo, signore mio, Lei, dottore, è un umorista di spirito acutissimo, coltiva magistralmente l’ironia, mi chiedo perfino come mai si sia dedicato alla storia, che è una scienza così seria e profonda, Sono ironico soltanto nella vita reale, Ben vorrei io che la storia non fosse vita reale, ma letteratura e nient’altro, Ma la storia è stata vita reale quando ancora non si poteva chiamare storia, Certo, dottore, In realtà, lei è un interrogativo con le gambe e un dubbio con le braccia, Non mi manca che la testa, Ogni cosa a suo tempo, il cervello è stata l’ultima cosa a essere inventata, Lei, dottore, è un saggio, Mio caro amico, non esageri, Vuole vedere le ultime bozze, Non ne vale la pena, le correzioni d’autore sono fatte, il resto è la routine della revisione finale, ed è nelle sue mani, Grazie per la fiducia, Ben meritata, Allora lei, dottore, crede che la storia e la vita reale, Sì, lo credo, Che la storia sia stata vita reale, voglio dire, Non abbia dubbi, Che ne sarebbe di noi se non esistesse il deleatur, ha sospirato il revisore.

Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore portoghese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a José Saramago.

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